Calcata Fotografia

Alessandro Angeli

Alessandro Angeli. Classe 1962, architetto. Al centro della sua visione fotografica sono i processi di antropizzazione indagati attraverso l’esplorazione della città, dei paesaggi che più frequenta, quelli urbani storici e le periferie. “La fotografia è per me un percorso di ricerca, e conoscenza di questi luoghi, della loro trasformazione, della matericità, delle forme e colori”.

Figurazioni Veneziane - Il progetto è frutto dell’osservazione e dell’esplorazione - degli ultimi due anni - del tessuto urbano veneziano in un percorso di luoghi familiari e spesso attraversati nella quotidiana frequentazione della città. Affrontando il tema “Venezia” ho deciso di non concedere nulla alla visione più diffusa della città, ma di utilizzare la mia conoscenza del luogo per rappresentarne aspetti e spazi con lo stesso approccio che adotto quando affronto la visione della città di terraferma dove risiedo, Marghera. Per far questo ho evitato i luoghi più fotografati cercando un’essenzialità a me familiare, fatta di particolari e scorci di una Venezia “minore”, dove il tema di fondo, al di là delle costruzioni geometriche e degli accostamenti di colori, resta ed è sempre uno e unico: il “tempo” ed il suo trascorrere. Il “tempo”, l’eterno “bersaglio” della fotografia che “congelando” un luogo ed un momento particolare ne scandirà la storia quando quella fotografia sarà rivista successivamente. La storia quasi millenaria che pervade ogni parte della città ne rivela il suo “tempo” nei materiali che la costituiscono e nel loro degrado; una storia che continua e che si manifesta nei segni del costruito e del trasformato fino agli sfregi dei graffiti moderni. Questo peso della storia su Venezia, agisce nell'immaginario collettivo ed ha portato a visioni innamorate come quelle di John Ruskin ne Le pietre di Venezia o di Ezra Pound nella sua Litania notturna o violente - come per Marinetti - che in Venezianella e studentaccio definisce questa città “…una brocca d’acqua rotta immersa nella cacca…”. Il mio occhio guarda invece la città come ognuno di noi guarderebbe il volto di un anziano: con rispetto, amore ma anche compassione, non potendo distogliere lo sguardo dai solchi che la vita gli ha tracciato sulla pelle, dalle rughe del suo vissuto, le cicatrici indelebili che fanno da cornice a degli occhi ancora vivaci, penetranti e saggi.